ESCLUSIVA MP – I nuovi talenti: Ivan Varone
Il calcio non è solo quello delle grandi stelle già affermate, quello dei contratti multimilionari e dei diritti televisivi, è molto di più: è quello del cuore, dei polmoni, delle gambe, quello dei talenti nascosti, quello dei meno giovani che hanno accarezzato tutta la vita il miraggio di calcare palcoscenici più prestigiosi e quello dei più giovani che nutrono il sogno di emergere e di ritagliarsi uno spazio nella storia di questo meraviglioso sport.
Proprio per tali ragioni, fedeli al nostro “Manifesto“, vogliamo continuare a curare con attenzione quelle “nicchie” che l’informazione generalista non riesce e, a volte, non vuole seguire in profondità. Quindi, abbiamo deciso di presentare e intervistare i giovani talenti della Lega Pro attraverso un appuntamento che già da novembre diventerà settimanale: non siamo dei talent scout (non è questo il nostro obiettivo), ma degli appassionati di calcio con l’ambizione di raccontare quello che gli altri non raccontano.
Il primo non è stato scelto a caso: abbiamo voluto dare merito alla società laziale dell’Unicusano Fondi di avere approntato una rosa piena di giovani in gamba: ben 10 nati dopo il 1992 e, tra questi, abbiamo selezionato l’appena ventiquattrenne (ha compiuto gli anni qualche giorno fa) centrocampista Ivan Varone.
Alto 186 cm per 80 kg di peso, classe ’92, possiede un fisico possente in grado sia di impostare l’azione che di interdire; è un destro naturale, ma non ha difficoltà nell’usare anche l’altro piede con la stessa efficacia. È dotato di un buon tiro dalla distanza ed è in grado di calciare con certa precisione anche i calci di punizione; ha un ottimo senso della posizione e degli inserimenti, ma nei colpi di testa, soprattutto da palle inattive, deve ancora migliorare. Non è un presuntuoso, anzi gioca sempre con umiltà e ardore e al talento unisce una grande professionalità.
Sei di Napoli, ma a 10 anni ti sei trasferito a Vignola (MO); hai giocato nelle giovanili del Boca Pietri Carpi fini al debutto in Serie D a 15 anni. Quali sono state le persone più importanti per te in quella fase della tua vita.
Innanzitutto, devo ringraziare mia mamma che, purtroppo, non c’è più, mio padre e la mia famiglia. È stata una bella epoca e tutti mi apprezzavano anche perché sono uno che si fa volere bene. Anche adesso sono i miei familiari quelli che mi stanno vicino e la mia ragazza Natascia.
Poi, ti sei spostato tra Santarcangelo di Romagna, Siena, Pavullo, Savona fino alla grande stagione col Chieti in Serie D: 34 presenze e 14 realizzazioni. Parlaci un po’ della scorsa annata e descrivici il gol più importante e quello più bello.
Son voluto ripartire dopo la retrocessione col San Marino (2014-2015 N.d.R.); non è stata una brutta esperienza: ero arrivato a gennaio, ho segnato anche tre gol e, in generale, abbiamo fatto anche tanti punti. Poi, ho scelto Chieti perché avevo voglia di giocare e rimettermi in discussione: devo ringraziare in particolare l’allenatore Donato Ronci, ma non voglio dimenticare anche tutti gli altri. A Chieti ho trovato un ambiente meraviglioso e caldo che mi ha fatto sempre esprimere al massimo. Tra l’altro io sono uno che da tutto per la maglia e che si carica molto grazie ai tifosi: Chieti è davvero una piazza fantastica. Mi dispiace che adesso stia attraversando un brutto periodo, ma per me è una grande società e la porto nel cuore. Ritengo che i gol siano tutti importanti e, certamente, potrei rispondere che fu il primo davanti circa 4mila persone e, infatti, andai sùbito sotto la curva. Il più bello sicuramente quello contro il Monticelli: ero sull’esterno, ho saltato un avversario e ho messo il pallone nel sette.
Facciamo un passo indietro e torniamo all’epoca di Siena. Anche se non hai mai esordito in Serie A, Sannino ti portava spesso con la prima squadra: che ricordi hai di quel periodo e del mister? Quanto ritieni che l’infortunio alla spalla abbia condizionato il tuo percorso?
Conservo un bellissimo ricordo, anche perché ero sempre con loro e, nonostante non abbia esordito, andavo sempre in panchina in Coppa Italia, Inoltre, in ritiro sono stato anche sfortunato perché in quel periodo, appunto, mi infortunai alla spalla e mi dovetti operare. Poi, quando sono tornato, poco dopo, ci fu il lutto di mia mamma e, quindi, fu un anno travagliato; avevo quasi 19 anni e mentalmente accusai molto il colpo. Gli infortuni fanno parte del gioco e se non sono ancora arrivato a più alti livelli la colpa è anche mia: mi sentivo fragile e mi abbattevo più facilmente; ora, invece, mi sento più forte mentalmente e sono pronto ad affrontare qualsiasi scommessa mi riservi il futuro.
Prima del Fondi, parliamo di Zeman e del Lugano: cosa è successo esattamente?
Colui che mi volle al Lugano fu il presidente: mi aveva visto giocare e gli piacqui tanto come calciatore. A Lugano ho accusato un po’ il fatto di iniziare molto presto il ritiro, visto che in Svizzera inizia a metà giugno e non ero abituato a cominciare così presto. Mi sento di avere fatto bene anche in quel frangente: ho fatto qualche gol in allenamento, ma c’erano delle situazioni problematiche tra procuratore e presidente, visto che il Lugano, essendo una piccola società, si affida molto solo ai prestiti valorizzativi e io volevo più stabilità. Zeman purtroppo non l’ho conosciuto; l’ho visto solo una volta a Chieti e quando sono arrivato in Svizzera, lui già non c’era più.
Torniamo al giorno d’oggi: sei titolare inamovibile dell’Unicusano Fondi; hai saltato solo una partita per squalifica. Ti senti di ringraziare qualcuno in particolare?
A Fondi mi trovo benissimo, l’ambiente è stupendo; anzi, mi piacerebbe tanto arrivare in Serie B con l’Unicusano. Purtroppo ho saltato una partita per squalifica: l’anno scorso non ho preso un’ammonizione e contro il Melfi due in novanta minuti. Mi avevano annullato un gol: avevo toccato il pallone anche col gomito. Per il momento non mi sta andando bene: anche domenica scorsa non me ne hanno convalidato un altro che era regolare e spero di poterne realizzare qualcuno molto presto. Una persona per me molto importante è il mister Sandro Pochesci, il quale anche l’anno scorso a Lugano mi chiamava sempre, che mi ha fatto e fa sentire importante per questa squadra e per questa società. In Svizzera le cose non andavano bene e venire a Fondi è stata la scelta migliore.
Con il Fondi svolgi un lavoro importantissimo di interdizione, eppure sei stato anche autore di due assist: uno in Coppa Italia di Lega Pro e due in campionato; descrivicene uno.
Sinceramente, anche se mi piace giocare la palla, non mi dispiace rendermi utile con un lavoro più “oscuro”: do tutto in campo, non mi tiro mai indietro e mi piace dare una mano ai miei compagni in qualsiasi modo. Sicuramente l’assist più importante è stato quello contro la Reggina: da un rinvio, presi il pallone, lo giocai con Albadoro che me lo ridiede; avanzai e la diedi a D’agostino che fece gol.
Attualmente siete dodicesimi con 8 punti frutto di di 2 vittorie, 3 pareggi e 3 sconfitte: quali obiettivi vi siete prefissati?
Penso che la classifica sia un po’ bugiarda perché avremmo meritato 5/6 punti in più, ma se i punti sono solo 8 vuol dire che abbiamo ancora dei limiti e dei difetti. Vogliamo far bene ed esprimiamo un bel calcio, però dobbiamo imparare a essere più cattivi e cinici e conquistare punti che fino a oggi abbiamo perso per ingenuità. Abbiamo disputato grandi partite contro la Juve Stabia e Cosenza per esempio e siamo rimasti a bocca asciutta. Col Cosenza è stata una partita incredibile: non mi era mai capitato che l’arbitro facesse un assist: vincevamo 1-0 e, poi, ci ha annullato il gol del 2-1; abbiamo preso due gol senza praticamente subire un tiro in porta. Ma il calcio è bello anche per questo e spero la fortuna giri anche a nostro favore. Innanzitutto, vogliamo raggiungere la salvezza e, perché no, provare a entrare nei playoff; non ci riteniamo inferiori e contro le squadre contro le quali abbiamo giocato fino a ora lo abbiamo dimostrato.
Avete già affrontato corazzate come il Catania, la Juve Stabia e il Cosenza: qual è la squadra avversaria che ti ha maggiormente impressionato? E che giocatore ti ha procurato più problemi a centrocampo?
Tra queste sicuramente la Juve Stabia: contro di noi è riuscita a cambiare la partita con gli uomini che aveva in panchina ed è quella che mi ha colpito di più. Se proprio devo fare un nome, dico Giuseppe Fornito del Catania.
Il prossimo impegno di campionato sarà contro il Taranto, come avete preparato la partita dal punto di vista mentale e tattico?
Con grande serenità: facciamo tutto divertendoci, ma con grande professionalità senza mollare un centimetro. La sconfitta di domenica scorsa non ha scalfito il nostro umore e abbiamo voglia di rifarci e riprenderci i punti persi.
Infine, c’è un giocatore in particolare che, nel corso della tua carriera, ti ha colpito maggiormente? E c’è una squadra per la quale tifi?
Da napoletano, non posso che tifare Napoli e, giocando da mezz’ala, il mio idolo è Marek Hamšík: l’ho visto dal vivo e non sbaglia né un pallone né una partita.