La legge del più forte
Quindi? Quindi niente, ha vinto ancora la Juventus. C’è poco da fare, a quanto pare: la Vecchia Signora vince anche quando sembra persino troppo svogliata per farlo. Troppo superiore per risorse tecniche (in questo caso parliamo della panchina ridicolmente profonda rispetto alle altre contendenti nostrane), troppo superiore per mentalità e, perché no, troppo superiore anche relativamente alla benevolenza che il fato le riserva – c’è un tiraccio di José Mauri in pieno recupero dei supplementari di ieri a dimostrarlo.
La dirigenza e la direzione tecnica di Madama si sono impegnate molto affinché la ruota girasse sempre nel giusto verso che adesso questa gira verso il bianconero anche se non sollecitata (del resto la fortuna aiuta gli audaci da tempo immemore). E adesso le alte sfere juventine continuano a raccogliere i frutti del loro lavoro con discreta soddisfazione, senza lasciare niente agli altri. L’ultimo trofeo italiano che non è andato ad arricchire la bacheca bianconera, che negli ultimi anni è stata pesantemente messa all’ingrasso, è la Supercoppa Italiana conquistata dal Napoli in terra d’Arabia, risalente al dicembre del 2014 (se fosse stata giocata quando è normale giocarla, parleremmo di quasi due anni di onnipresenza juventina in tutti gli albi d’oro: visto che l’hanno organizzata in una sede anomala con tempi anomali la forbice temporale dice “solo” diciassette mesi). Sembra lontanissima, ormai.
Eppure è così: gli ultimi anni non sono stati “un” dominio bianconero ma il dominio bianconero: cinque scudetti, due Coppa Italia, tre Supercoppe. Certo, manca il trionfo europeo, ma si possono contare un quarto di finale, un ottavo e una finale di Champions più una semifinale di Europa League. Ci sono state avventure continentali peggiori anche se è mancato il sigillo finale, diciamo così.
Ma torniamo in Italia, in quello che ormai è il parco giochi personale della Juventus, e più specificamente a ieri sera: il Milan ha dato una discreta prova di sé, dando evidentemente in campo ogni stilla di sudore che aveva e giocando con l’orgoglio della bestia agonizzante ma non ancora fredda che decide di giocarsi il tutto per tutto e fare l’ultimo, disperato, tentativo di rialzare la testa, foss’anche per una sola notte. Il risultato è che la resistenza rossonera è stata spezzata da una Juve scesa in campo con diverse riserve (e fin qui nulla di strano) ma, soprattutto, con l’atteggiamento mentale di chi ha scarso interesse per la competizione. Una Juve in ciabatte, sostanzialmente. Eppure ha vinto, quasi con il minimo sforzo, dopo aver comunque dimostrato – in quelle rare sortite offensive viste lungo l’arco dei 120′ – che le bastava premere molto leggermente sull’acceleratore per arrivare in porta con tre, quattro tocchi, quasi senza fatica. Una dichiarazione di superiorità sconcertante, onestamente.
È vero che il Milan di questa stagione non è il più probante degli impegni, è vero che siamo a fine anno e i giri del motore sono giocoforza calati anche in vista di Copa América ed Europei, è vero che la Coppa Italia è un trofeo che interessa poco a tutti fino alla finale ma la prova di forza bianconera è stata senza appello per l’ennesima volta. Soltanto che, stavolta, “il minimo sforzo” fatto per ottenere il proverbiale “massimo risultato” è stato talmente piccolo da far quasi sembrare tutto il contesto ridicolo, troppo facile.
La verità (neanche poi tanto) nascosta tra le righe della partita di ieri sera e, più in generale, nelle ultime stagioni juventine è una sola e molto semplice: piaccia o no, ma la Vecchia Signora attuale può fermarsi solo nel caso in cui imploda da sola. Le concorrenti possono impegnarsi, ingegnarsi, lambiccarsi il cervello, distruggersi nel tentativo di sottometterla anche solo per un anno ma, come dimostra proprio l’inizio di questa stessa stagione, i germi che possono espandersi fino a far crollare il monolite sabaudo non possono che essere interni perché la corazzata di Allegri resiste a ogni tipo di sollecitazione esterna.
Con massimo scorno di tutte le avversarie e massimo godimento del tifoso gobbo medio, naturalmente.