Sette sotto un tetto
Non è mai semplice parlare di Maurizio Zamparini. Noi ci abbiamo provato e riprovato, cercando di capire cosa passasse nella sua testa di imprenditore, oltre che di uomo di calcio. Ci abbiamo provato, davvero, a capirci qualcosa, senza però riuscire – e scusateci per questo – a cavarne il ragno dal buco. Sappiamo, certamente, di non essere gli unici ad aver provato a entrare nella psiche del mangia-allenatori per eccellenza, e sappiamo anche che dobbiamo divorarne ancora di pane e pallone per poter permetterci di puntare il dito contro un uomo che nel calcio c’è da molto, molto più tempo di noi. Ma è proprio perché noi ci viviamo, di calcio, che non possiamo non aprire una parentesi, l’ennesima, sul patron del Palermo, protagonista quest’anno di una serie di rivoluzioni che, davvero, forse non sarebbero possibili neanche a Football Manager.
L’ultima, in ordine cronologico, è l’ennesimo avvicendamento in panchina. Arriva Novellino a Boccadifalco: notizia di ieri, che ha fatto di nuovo rimbalzare il club rosanero tra radio, siti, tv e social. Zamparini ha deciso di cambiare ancora, e prendere il settimo allenatore in un anno: è record? Sicuramente sì. E non per il numero, sia ben inteso; nelle modalità. Perché non è il fatto che a Zamparini piaccia cambiare troppo spesso la guida tecnica del Palermo che fa alzare gli occhi al cielo alla sua tifoseria. E’ il modo, e il momento, con cui e in cui prende tali decisioni. Ben inteso: è il proprietario, e per tal motivo ha tutto il diritto di fare ciò che vuole. Ma è ancor meglio inteso, e ovvio, che un patron dovrebbe saper scegliere in ogni momento il meglio per sé, per i suoi dipendenti, per il suo staff, ed è storicamente risaputo che l’impulsività zampariniana non è una caratteristica che ha portato, negli anni, così tanti benefici.
Riguardo al numero di allenatori, no, lo ripetiamo: non è quello che fa scalpore. Lo Standard Liegi per esempio, in un anno solare, a cavallo tra 2014 e 2015, ne ha cambiati sei di tecnici. Chi esonerato, chi dimessosi, ma tant’è: anche la squadra belga ha avuto parecchi cambi in panchina, prima dell’avvento di Yannick Ferrera, giovane allenatore preso da una squadra neopromossa, il Sint-Truiden, e chiamato a stagione in corso a risollevare Les Rouches (riuscendoci). Dunque, non è sui sette allenatori in un anno che bisogna focalizzare l’attenzione. Bisogna farlo sul personaggio Zamparini a questo punto, e provare ad afferrare cosa è che porta il patron rosanero a procedere così, sempre così, con tanta irruenza e poca sostanza.
Zamparini è particolare per alternare il troppo-polso, al troppo-poco-polso. Zamparini è incredibile nell’essere padre-padrone di un club che è soggetto ai suoi continui voleri e desideri. E sbaglia, lui, nel ricordare ogniqualvolta ne abbia occasione che nessuno gli conferisce meriti, anzi, gli addossa solo e soltanto colpe; è ovvio che siano anche suoi i meriti per il recente ritorno in Serie A, per la salvezza dello scorso anno, e per tutti gli altri momenti soddisfacenti ottenuti sotto la sua gestione. A questi lati positivi, però, corrispondono molti più risvolti negativi, di cui Zamparini è – seppur non il solo – assolutamente colpevole. Perché c’è bisogno di fiducia e serenità in un ambiente, e il patron rosanero non riesce a garantirle; c’è bisogno di pianificazione a lungo termine, e non di quelle “svolte” che il presidente del Palermo troppo spesso cerca, invoca, e prova a ottenere con rivoluzioni repentine.
Ciò che ci vuole è calma. E lavoro programmato, e sbagli, e rimedi a questi sbagli. Soprattutto, ci vuole molta meno impulsività; d’altronde, è dalla base che bisogna essere solidi. Se invece la base è un vulcano in continua eruzione, è difficile riuscire a costruirci, sopra, qualcosa di stabile e duraturo.
Ps. Caro Novellino: in bocca al lupo. Sarà bello finché dura.