Grasshopper Club Zürich: il Real svizzero
Continua la nostra rassegna sulle squadre della Raiffeisen Super League svizzera: la puntata di oggi è dedicata al Grasshopper Club Zürich (GCZ), attualmente seconda in classifica, alle spalle del Basilea.
Dopo una stagione passata da dimenticare (ottavo posto, 43 punti, frutto di solamente 11 vittorie, 10 pareggi e ben 15 sconfitte, da contrapporre ai 78 del Basilea campione), il Grasshopper Club Zürich è tornato a livelli più consoni al suo grande blasone. I biancoblù, infatti, con 27 titoli nazionali e 19 affermazioni nella Coppa di Svizzera, sono la squadra più titolata del calcio elvetico. Il club è una polisportiva, sul modello spagnolo, dove anche le rappresentative di altri sport (in particolare, quella di pallamano) ottengono, o hanno ottenuto, risultati di prestigio.
La squadra, unitamente ai dirimpettai dello Zurigo, dal 2007 gioca allo stadio Letzigrund, avendo abbandonato il leggendario Hardturm. Pur trattandosi di un impianto moderno e all’avanguardia (la capienza è di circa 26.000 posti), non è molto amato dai tifosi, che lo considerano poco adatto agli incontri di calcio, vista la presenza della pista (è il teatro del Weltklasse Zürich che, dal 1928, è uno degli appuntamenti più importanti, a livello mondiale, per l’atletica leggera). In passato, sono state numerose, le proposte per costruire un nuovo stadio, solo per il calcio, con capienza di circa 16.000 posti a sedere. Tuttavia, l’iniziativa più concreta, in tal senso, è stata recentemente respinta da un referendum popolare cittadino (seppure per poco: il no è passato con il 50,8% dei voti).
Questa dello stadio è una situazione più importante di quanto si creda, visto che (unitamente ai non esaltanti risultati sportivi) sta allontanando i tifosi dalla squadra: meno di 60.000 persone hanno assistito, finora, agli incontri della Cavallette, con una media di circa 6.600 tifosi a partita. Pochi, contando il blasone, le dimensioni dello stadio e, soprattutto, il bacino d’utenza: a vedere il Lugano, per fare un paragone, finora sono andati in 41.893 (4.611 a partita). Con stadio e, soprattutto, numero di residenti imparagonabili.
Ragionando dal punto di vista calcistico, invece, quella guidata dal ticinese Pierluigi Tami (un tecnico preparato, che potrebbe ambire a una panchina in Bundesliga o, addirittura, alla successione di Petković sulla panchina rossocrociata, dopo Euro2016) si è dimostrata, finora, un’ottima macchina da gol: 4-2-3-1 lo schema abituale, con propensione piuttosto offensiva, tanto da essere il migliore attacco, finora, della Super League (46 le reti segnate, delle quali 11 firmate dal cannoniere, l’israeliano Dabbur). A fargli compagnia, davanti, altri tre giocatori con grande potenza di fuoco: Caio, Tarashaj, Ravet (Brahimi). Più indietro, l’ex Lugano Basic e il capitano, lo svedese Kim Mikael Källström, votato, quest’anno, come il miglior straniero mai transitato nel campionato svizzero. In difesa, a turno Luthi, Pnishi, Antonov, Loosli, Gulen, Barthe, Bauer e, tra i pali, il portiere Vasic hanno alternato buone prestazioni, ad altre, molto meno positive. E, sono proprio i piedi d’argilla delle Cavallette, il loro vero tallone d’Achille: 32, infatti, sono i gol subiti dai tigurini, ben 12 più del Basilea capoclassifica.
In Coppa svizzera, i biancoblù sono invece usciti addirittura nei sedicesimi di finale, a opera dei bernesi del Köniz. Le prospettive, quindi, sono quelle di difendere il secondo posto dagli assalti delle altre pretendenti, soprattutto dello Young Boys, a nostro parere la meglio attrezzata, nel gruppo di testa (anche se con qualche punto in meno del previsto, a causa della falsa partenza di quest’estate). Difficilmente potranno fare qualcosa di più: fermo restando che davanti il Basilea dovrebbe crollare, sono proprio i tigurini a essere, talvolta, i peggiori avversari per loro stessi: come denunciato dal loro stesso allenatore a Lugano, nelle interviste del dopopartita, a volte sono mancate determinazione e concentrazione.
I mezzi, infatti, ci sono; i giocatori sono, in maggior parte, tecnicamente ottimi (quest’anno sono stati capaci, unici finora in campionato, di violare il St-Jacob Park). Tuttavia, soprattutto dietro, soffrono talvolta di amnesie. Prima della pesante sconfitta di Lugano, avevano fatto due incontri senza subire reti (e segnandone 7, 10 con le tre di Basilea della vittoriosa partita precedente, dove ne avevano però subite 2), e pareva avessero trovato il giusto equilibrio. Vero che in Ticino hanno giocato 60 minuti in dieci, e quindi sono, sicuramente, da rivedere.
In conclusione, difficilmente potranno dire la loro per la vittoria finale. Tuttavia, se troveranno l’equilibrio in difesa, che Tami sta alacremente cercando, hanno buone probabilità di centrare la qualificazione ai preliminari di Champions League: alla ripresa, partiranno, infatti, con cinque punti di vantaggio sullo Young Boys di Adi Hütter. Non molti, in un torneo abbastanza equilibrato come la Super League svizzera: ma, se troveranno regolarità, il traguardo appare alla loro portata. E, ci si augura, che con i risultati torni il pubblico al Letzigrund, forse troppo freddo e distaccato, rispetto al mai abbastanza rimpianto Hardturm.
(4 – Continua. Le precedenti puntate sono state dedicate al Lugano, al Basilea e al Sion)