Home » Il livello del nostro basket

Tra coppe europee, mondiale di rugby e un accattivante weekend calcistico alle porte, ci fermiamo un attimo per pensare alla pallacanestro. Disciplina che non si è mai fermata, nel diario sportivo dell’appassionato vero: playoff NBA e dei campionati, tornei di preparazione per nazionali, EuroBasket 2015 e poi via, subito sotto con la nuova stagione. Con la perla delle coppe europee: tre, una per ogni livello, una per ogni realtà.

Attira l’attenzione di tutti l’Eurolega, ovviamente: è la nostra NBA, concetto forzato ma mai in passato così vicino alla realtà. Lo confermano la forza economica dei top club (ahimè, stranieri), la lunghezza dei loro organici, e il movimenti di giocatori che non è più solo in direzione Stati Uniti e Canada. Si viaggia pure indietro, per un Gentile futuro sposo con gli Houston Rockets ci sarà sempre un Datome che accetterà un contratto nel Vecchio Continente. E gli esempi potrebbero essere tanti, tantissimi: le grandi dell’Europa sfidano ogni anno le franchigie americane in preseason, verrebbe voglia di qualcosa di più. Verrebbe voglia di ufficializzare la cosa, o che GM e allenatori NBA guardassero oltre al proprio naso: l’espansione dell’Intercontinentale darebbe al precampionato un alone di ufficialità e blasone solo se i “World Champions” accettassero la sfida di diventarlo sul campo, contro i campioni dell’Eurolega e delle altre competizioni continentali.

Ma anche senza l’aiuto (?) degli americani, il basket della vecchia Europa sta bene: in particolare spagnoli, russi, greci e turchi occupano un posto privilegiato nelle graduatorie e per automatismi, intensità, fisicità e concretezza danno due piste al resto della truppa. Perché alla fine gira così: vero che la pallacanestro francese produce sempre qualcosa (ma più a livello di esportazione di talenti), innegabile la crescita del movimento tedesco soprattutto a livello di seguito e dimensione strutturale del fenomeno, ma qualcosa manca fuori da certi paradisi, o isole felici (Maccabi). Tutto ciò senza dimenticare lo storico radicamento del basket nell’ex Jugoslavia, con campi dove è difficilissimo anche solo pensare di imporre la propria pallacanestro.

E noi, in tutto questo? Stiamo a metà del guado, in soldoni: ci godiamo un campionato che, complice la perdita delle grandi storiche (ora redivive in una Serie A2 che legittima tale denominazione), ha equilibrio e competizione interni, allunga al massimo le serie playoff, trova realtà nuove e le lancia pian piano nella dimensione europea. Vedi la crescita di Sassari come società (ma anche la sua difficoltà in Eurolega), o il derby tra Venezia e Reggio in Eurocup, come il buon impatto di Trento. Il problema è che manchiamo di ciò che ha reso le spagnole grandi: palazzi, coinvolgimento delle grandi aree metropolitane (dove si è mai vista la squadra di una grande capitale rinunciare alla Serie A e ripartire dalla serie cadetta?), identità. Su questo punto insisto: altrove si tifa Barcellona ed è una squadra che scende in campo in blaugrana, idem il Real Madrid, o le turche, le greche e il CSKA. Far parte di una grande polisportiva che raggruppa calcio, pallacanestro, calcio a 5, pallamano ecc. ti porta a condividere rivalità storiche, coinvolgere anche chi non ha mai giocato a basket: un’eterna Basket City, ciò che ci manca.

Certo è indubbia la difficoltà (o l’opportunità?) nell’applicare nel 2015 modelli simili ma il Bayern Monaco è un esempio conosciamo tutti. Né deve mancare l’orgoglio per la storia di una pallacanestro che un tempo dominava la Coppa dei Campioni prima, l’Eurolega poi: siamo solo poveri, sbiaditi, affannati e in difficoltà a reggere il confronto. Che forse, per ora, conviene fare con le intermedie Francia e Germania, non coi campionati migliori: ci penseranno Sassari (ieri sconfitta dal CSKA in casa) e Milano (ko in Turchia dopo il successo della prima giornata) a dirci fin quando possiamo sognare, o se la nostra dimensione è più quella dell’Eurocup. Dove Trento, Venezia e Reggio Emilia hanno mezzi e strumenti per fare bene, o perlomeno accumulare quell’esperienza e abitudine all’intensità del basket continentale che poi è fondamentale per volare ai playoff: alzi la mano chi pensa che nello scudetto di Sassari ci siano (anche) gli schiaffi presi in Eurolega ed Eurocup. Io le alzo.