Il GP dell’Inghilterra nella storia: primati e curiosità
Domenica la Formula 1 si affaccerà su uno dei circuiti che meglio rappresenta la continuità fra la tradizione e la modernità. Silverstone, nonostante le modifiche subite negli anni dovute alle nuove regole in materia di sicurezza, rimane uno di quei tracciati di cui basta il nome per evocare nomi leggendari e mitiche sfide. Il binomio fra Inghilterra e sport motoristici trova proprio in questo autodromo una delle sue riproduzioni più significative.
Fin dagli anni ’20 la Gran Bretagna ospitò varie competizioni motoristiche nel primo circuito sportivo permanente del mondo, a Brooklands, nella regione del Surrey. Nel 1950, anno in cui si svolse la prima gara ufficiale di Formula 1, lo scenario fu però quello di Silverstone che, in coabitazione con Brands Hatch, avrebbe permesso all’Inghilterra di giungere fino ai giorni nostri senza mai saltare un’edizione del Mondiale.
Silverstone conserva un posto speciale nell’albo d’oro della Ferrari. Fu infatti fra quelle curve che, nel 1951, la casa di Maranello colse la prima della lunga serie di vittorie che avrebbero costellato la sua saga. Il pilota che contribuì a questo primo successo fu l’argentino José Froilán González, soprannominato El Cabezon per la dimensione cranica, che, come promessogli da Enzo Ferrari, grazie al trionfo ebbe in regalo una berlinetta da competizione.
Il record di successi è stato per molti anni appannaggio di Jim Clark, lo scozzese volante che fece innamorare molti appassionati per il suo stile di guida ardimentoso ed entusiasmante. Il britannico ottenne un incredibile poker dal 1962 al 1965, per poi raggiungere la quinta vittoria nel 1967. La morte, avvenuta l’anno successivo, gli impedì di migliorare il suo primato, che venne bissato da Alain Prost quasi un ventennio dopo. Il campione francese costruì però il suo record in un arco temporale molto più ampio, come dimostra la distanza fra il primo successo, datato 1983 e l’ultimo risalente al 1993.
Prost è anche il pilota ad aver ottenuto il maggior numero di podi: anche in questo caso, però, deve condividere questa egemonia con un altro collega. A quota sette spicca anche il nome di Michael Schumacher, che qui visse due momenti indelebili della sua carriera. Nel 1998 tagliò infatti la linea del traguardo dai box e per la prima – e unica – volta nella storia il vincitore di un Gran Premio non passò sotto la classica bandiera a scacchi, bensì fra i meccanici e gli ingegneri di pista.
La Ferrari, in lotta con la McLaren di Häkkinen per il Mondiale, una volta informata dello stop & go comminato al suo pilota di punta per un’ardita manovra sotto la pioggia, sorprese tutti con una di quelle strategie che resero celebre Ross Brawn. La scuderia richiamò il tedesco proprio all’ultimo giro, evitandogli così una ripartenza a velocità ridotta che avrebbe permesso al finlandese il sorpasso negli ultimi minuti. Al termine della gara l’incertezza e la confusione durarono alcuni minuti, fino alla decisione dei commissari di convalidare quell’insolito arrivo. La FIA, per scongiurare il ripetersi di episodi simili, mutò le regole, imponendo una penalità di 25” sui tempi finali per i piloti che non avessero scontato eventuali penalizzazioni durante lo svolgimento della gara.
Nel 1999 il ricordo di tragedie avvenute nel passato si materializzò davanti agli occhi degli spettatori, i quali osservarono attoniti la Ferrari del campione tedesco schiantarsi contro le barriere per un problema ai freni. I timori vennero dissipati quando, dietro ai teli stesi dai soccorritori, si intravide la sua mano muoversi, come in un gesto di saluto, concordato in precedenza con la famiglia, in caso fosse mai occorso un simile incidente. Le protezioni sulla vettura evitarono danni che un tempo sarebbero stati peggiori, ma Schumacher riportò la frattura di tibia e perone. Questo infortunio lo costrinse a una prolungata assenza, durante la quale Eddie Irvine, il suo secondo, uscì dal cono d’ombra in cui lo aveva relegato la schiacciante presenza del compagno e accarezzò la chimera di essere incoronato Campione del Mondo. Sogno concluso purtroppo all’ultima gara, a Suzuka, quando Häkkinen vinse la gara e il titolo, mentre e l’irlandese dovette accontentarsi del secondo posto, a soli due punti dal rivale.