Il Gran Premio del Bahrain nella storia: sport e politica
Domenica il Circus della Formula 1 sosterà in Bahrain, a Manama, il primo circuito del Medio Oriente costruito, 11 anni fa, per ospitare competizioni di vetture a ruote scoperte.
Il suo creatore, l’architetto tedesco Hermann Tilke, si ispirò a una sua precedente creazione, il tracciato di Sepang in Malesia, aggiungendo così un nuovo prototipo ai nuovi circuiti della “Generazione Tilke”. Nel ricordare la breve storia dell’autodromo, non si può ignorare l’elemento politico, preponderante fin da prima della sua edificazione.
Fu infatti il principe Al Khalifa, presidente della federazione motoristica del Bahrein, a insistere affinché la sua nazione potesse inserirsi nel calendario della Fomula 1. La prima edizione, programmata per l’aprile del 2004, rischiò di slittare a causa di un ritardo dei lavori, conclusi infine quasi a ridosso dell’inaugurazione. Michael Schumacher, su Ferrari, fu il primo pilota a salire sul gradino più alto del podio, affiancato dal compagno Rubens Barrichello.
Le tensioni politiche proseguirono lungo il corso degli anni, fra le proteste degli oppositori, che individuavano nel Gran Premio uno dei simboli della famiglia reale detentrice del potere e la generale instabilità della turbolenta regione medio orientale. Questo coacervo di tensioni raggiunse il proprio apice nel 2011, quando, a seguito di una preoccupante crisi interna, la FIA ipotizzò la cancellazione della gara.
Il patron della Formula 1, Bernie Ecclestone, tentò una mediazione fra i vertici della FIA e i piloti, preoccupati per la situazione critica in cui versava il Bahrain e i vertici della famiglia reale locale, decisi a non cedere agli oppositori. Dopo una serie di rinvii, i vertici della Formula 1 decisero di annullare il Gran Premio, scegliendo di non sostituirlo con un omologo europeo, come proposto inizialmente da alcuni sponsor.
L’anno dopo, sebbene la situazione socio-politica non avesse mostrato notevoli miglioramenti, il circuito ricomparve nel calendario e da allora, pur sottoposto a misure di sicurezza elevatissime, non ne è più uscito. La Force India, sensibile alle minacce, decise all’epoca di non disputare le prove libere e, il giorno seguente, le televisioni mandarono in onda pochissime inquadrature della casa anglo-indiana. Secondo i media inglesi, si trattò di un chiaro segnale di Bernie Ecclestone, che volle così lanciare un monito alle varie scuderie affinchè si allineassero ai desideri dei vertici.
Analizzando invece la storia sportiva del circuito, il pilota che sembra amare maggiormente questo tracciato è Fernando Alonso, che per tre volte ha iscritto il suo nome nell’albo d’oro: nel 2005 e nel 2006 su Renault e nel 2010 alla guida della Ferrari. Quest’ultima vittoria coincise con il suo esordio con la casa di Maranello, poichè, quell’anno, il Mondiale prese avvio proprio a Manama. Lo spagnolo, qualificatosi terzo durante la giornata di sabato, dietro a Sebastian Vettel e al compagno Felipe Massa, parve così presentarsi sotto i migliori auspici alla guida della Rossa.
Al termine di una corsa in cui una serie di incidenti e guai tecnici costrinsero al ritiro vari piloti, tra i quali il rivale Vettel, lo spagnolo tagliò il traguardo, seguito da Massa, per una nuova doppietta Ferrari, dopo quella del 2004. Michael Schumacher, il protagonista della precedente vittoria e ora rientrato in Formula 1 dopo tre anni sabbatici, giunse sesto su una Mercedes.
Domenica i valori sembrano essersi capovolti: è la Mercedes la squadra da battere, mentre la Ferrari, esaurito l’effetto sorpresa, dovrà avere l’accortezza di gestire una gara d’attesa, nella speranza che i tedeschi possano commettere qualche errore o dimostrino qualche inattesa debolezza.