Ciao 2014 – L’alfabeto degli Azzurri
Ripercorriamo i momenti salienti dell’anno vissuto dalla Nazionale, evincendone un alfabeto narrativo. Tra riflessioni e ironia.
A – Acerbi. A 26 anni, il difensore che aveva assaggiato la convocazione con Prandelli ha assaporato il debutto nella recente amichevole con l’Albania. In mezzo, i noti problemi di salute, la deludente esperienza con il Milan, la voglia di continuare a impegnarsi nella sfida con se stessi e i propri limiti. Il senso dello sport, al netto dell’entertainement.
B – Balotelli. Era l’anno del salto di qualità. E’ finito contro l’ostacolo. Prima il gol all’Inghilterra, nel debutto mondiale, poi l’accollo della croce dopo l’eliminazione, per designazione diretta del conclave azzurro. Infine, il tracollo a Liverpool e l’epurazione dallo skyline delle icone pallonare. Prima ancora di esplodere, si trova già a dover rinascere.
C – Conte. L’uomo della medicina, lo specialista incaricato del rilancio, il migliore sulla piazza, stando alle referenze raccolte sul tripadvisor degli allenatori. Un uomo che vive di motivazioni e di obiettivi prefissati. Ma dopo pochi mesi, nel momento in cui gli entusiasmi programmatici hanno incontrato la realtà dei fatti, la domanda emergente è: ci ha creduto davvero o ce l’hanno fatto credere?
D – De Rossi & la Vecchia Guardia. Una scena che nella memoria dei tifosi resterà sedimentata. De Rossi, Buffon, Bonucci, Chiellini e la vecchia guardia contro Balotelli e i giovani, nel dopopartita con l’Uruguay. “Solo i senatori hanno tirato la carretta”. I “vecchi e i giovani”, un classico dell’Italia, intramontabile. Ovviamente, nel nuovo corso, sono rimasti i “vecchi”.
E – El Shaarawy. Il faraone. L’uomo nuovo. La grande speranza. Poi gli infortuni a catena, lo smarrimento psicologico e la dispersione nell’ambiente. Quando Federico Buffa riportava il timore del proprio guru della lodigiana, ovvero che El Shaaraawy finisse come Pato, purtroppo aveva ragione.
F – Forza fisica. E’ la qualità che è sembrata mancare di più all’Italia, nei giorni del Mondiale. Il passo della squadra di Prandelli è stato visibilmente più morbido di molte avversarie. E lo stesso capita alle squadre di club, nel momento delle grandi sfide europee. Una questione aleggia da qualche anno, solo parzialmente espressa: ma non eravamo quelli con i migliori metodi di preparazione atletica?
G – Godin. Il centrale dell’Uruguay. Da Obdulio Varela a Montero, il ruolo ha sempre richiesto un carattere con due testosteroni così. Suo il gol che mette la parola fine alla fanfara azzurra. Difficile dimenticarselo.
H – Hotel. “Cassano è pazzo”. Così, il titolare del Portobello SafariResort di Mangaratiba ricordava El Pibe de Bari dopo aver ospitato la Nazionale. E comunque scriteriato lo è stato davvero Cassano, ripercorrendo una carriera che lo ha visto agganciare l’ultima chance Mondiale in extremis, solo per poter dire “io c’ero”, nel fallimento di questa spedizione.
I – Insigne & Immobile. Accanto ai due partenopei, aggiungiamo anche Cerci. Da loro doveva arrivare il cambio di passo nei momenti di difficoltà. Non sono andati oltre il ruolo di malinconiche comparse. Se gioventù sapesse… ma era meglio non saperlo.
L – Lega Serie A. A Conte era stata data carta bianca, ma ora che si prospetta l’esigenza di stage e ritiri, per consentire all’allenatore di insufflare il proprio alito demiurgico nell’anima azzurra, riecco che dai club si riaffacciano le recinzioni della proprietà, a far da “enclosures” di fronte agli usi comuni reclamati da Conte. “Non importa sai, ci avevo judo” .
M – Manaus. Clima probante, umidità e zanzaroni, sauna naturale “acca24”. E uno stadio avanguardistico per la predicazione del verbo pallonaro dall’Amazzonia alle Ande. A pochi mesi di distanza, di tanto che vi corrispondeva, non è rimasto che tanto.
N – Negramaro. “Un amore così grande”. All’inizio facevamo finta, tanto pochi minuti e la sigla finiva. Poi, complici anche i risultati malinconici, molti hanno iniziato a chiederselo. Ma è proprio necessario accompagnare all’inno, due gonfiori così grandi?
O – Okaka. Debutto con gol per Stefano Okaka, nell’amichevole con l’Albania. Dopo una prolungata esposizione ai rigori della crescita, finalmente l’attaccante sta raggiungendo un punto di maturità. Che per ora, gli vale comunque l’acquisizione della lettera “o”, a spese di Ogbonna.
P – Prandelli. E’ finita male. Un tecnico che ci aveva fatto credere nella rinascita azzurra, con la finale degli Europei. Poi, un lento declino, tecnico-tattico, l’irrigididirsi di alcune convinzioni, la disfatta e l’accollo delle responsabilità. Lo abbiamo già dimenticato. Fin troppo ingenerosamente. Del resto anche lui, nel breve passaggio al Galatasaray, non ha fatto nulla per riabilitarsi. In bocca al lupo, per un 2015 migliore, Mister!
Q –Quarantaquattresimo. E’ il minuto in cui Bryan Ruiz mette a segno il gol del Costa Rica. Un punto di svolta, il tracollo dell’entusiasmo seguito al successo con l’Inghilterra e l’apertura di una voragine che tutto avrebbe inghiottito. Ma anche il momento esatto in cui principia a voltarsi la gabbana.
R – Rossi. Pepito Rossi, il grande escluso. Non era in condizione secondo Prandelli. E difatti, pochi giorni dopo si sarebbe rotto di nuovo. Alla distanza, probabilmente aveva ragione il Mister. Se non fosse per quel dubbio che ci resta, che forse, anche con una gamba sola, Rossi sarebbe stato più utile di Cassano o Cerci.
S – Sirigu. Per il portiere emigrato in Francia, una breve apparizione, in sostituzione di Buffon e in corrispondenza dell’unica vittoria. Il suo buon souvenir brasiliano, comunque lo ha meritato. Prima di ritornare nell’ombra lunga della leggenda azzurra. Un “dodici” di altri tempi.
T – Tavecchio. Erede di Carraro e Matarrese, oltre che del Principe di Salina, ha tragicamente esordito con la famigerata gaffe di Opti Poba. L’uomo spuntato dal monte, dopo la disfatta, a testimoniare una volontà di rinnovamento, sinceramente in bilico tra Congresso di Vienna e Concilio di Trento.
U – Under 21. I giovani di Di Biagio, hanno centrato la qualificazione agli Europei di categoria e questa già è una buona notizia. Più di un elemento potrebbe presto conquistare o consolidare un posto in azzurro. Rugani, Bernardeschi ma anche Berardi e Sturaro, tra gli altri. Affinché accada, sono loro che devono avere corsa e voglia, più di tutti.
V – Verratti. Ai Mondiali non aveva sfigurato, ma non è riuscito comunque a rendersi credibile agli occhi di Prandelli, uno che alla gerarchie ci ha sempre tenuto, anche troppo. Davanti aveva Pirlo, una montagna troppo alta da scalare. Soprattutto quando non te ne danno occasione. Non per niente, gioca all’estero.
Z – Zaza. Che il centravanti del Sassuolo vesta la maglia da titolare in Nazionale è un evento. Al debutto con l’Olanda, in amichevole, non ha affatto sfigurato, nelle partite ufficiali invece ha convinto meno. Al momento gli difetta l’esperienza, ma anche un po’ il carattere. Come Cerci e Immobile ai Mondiali, guarda caso.