Brasile 2014, il personaggio: Fabio Capello
Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal rettangolo di gioco, fino al 14 luglio: durante tutti i Mondiali vi regaleremo quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno di Fabio Capello, tecnico italiano prestato alla Russia.
Dici Fabio Capello e pensi a tanti successi. Tanti successi e tanti record, a tutte le latitudini. Il prototipo del perfetto allenatore di club: già vincente da giocatore (si impara anche così), stravincente da tecnico, guidando al successo il Milan (prolungando il ciclo di Sacchi), il Real Madrid (due esperienze, due successi al primo colpo), la Roma poi tradita con il passaggio alla Juventus. Totale scudetti: sette (più quelli revocati). Uno specialista.
Poi però pensi anche ai successi non ancora arrivati: se pure con l’Inghilterra ha il record nella percentuale di vittorie (il 66%: 2 partite su 3), nei Mondiali è riuscito a raccogliere soltanto una vittoria, contro la non irresistibile Slovenia (venendo poi suonato dalla Germania, per 4-1). Perché non è affatto detto che il migliore su piazza per i club poi riesca a reinventarsi anche CT, anzi.
Di sicuro, Capello è sempre stato bravo a reinventare se stesso nel modo più conveniente: testimonial di marche di occhiali (si dice lo fosse anche senza avere difetti alla vista: possibile, ma non confermato), seconda voce RAI in due periodi (e ascoltarlo con Bruno Pizzul era un piacere) per la nazionale, dopo essere stato commentatore per tutte le principali reti private.
Uno che non si fa troppi problemi, Capello: alla Roma tuonava contro una Juventus rapace, dicendo che si sarebbe rifiutato di andarci («per scelta di vita, non mi interessa andare alla Juventus»), salvo poi smentirsi con i fatti. Memorabile la schermaglia con Totti: il romano attacca, il bisiaco risponde citando Sant’Ignazio di Loyola («se non sei casto, almeno sii cauto»), con i gesuiti che smentirono prontamente il riferimento (e ai tempi, come dire?, non erano in voga come oggi). La cosa notevole è che Totti si disse d’accordo, rivoltando il campo d’azione.
La storia di ieri è chiara e ben delineata: Belgio tutto sommato poco lucido, ma solido a sufficienza da potersi affidare a un ragazzino (19 anni) per sbloccare partita e turno, laddove la Russia di Capello si ostina ad affidarsi a un Kokorin che prima punta (ancora) non è. La differenza è tutta qui.
E sarà bene che il tecnico di Pieris lo capisca: perché il suo Mondiale, adesso, è appeso a un capello. Se non vole tornare a fare la seconda voce RAI, perché tanti dopo di lui sono stati da strapparseli, i capelli.
Puntate precedenti
13 giugno – Stipe Pletikosa
14 giugno – Stefano Bizzotto
15 giugno – Gary Lewin
16 giugno – il sorteggio
17 giugno – Pepe
18 giugno – Guillermo Ochoa
19 giugno – Iker Casillas
20 giugno – Roy Hodgson
21 giugno – Giorgio Chiellini
22 giugno – Miroslav Klose