Brasile 2014, il personaggio: Iker Casillas
Un personaggio al giorno, dentro o fuori dal rettangolo di gioco, fino al 14 luglio: durante tutti i Mondiali vi regaleremo quotidianamente la biografia compressa di giocatori e non solo. Oggi è il turno di Iker Casillas, portiere della Spagna campione uscente, e difatti già uscita.
Non pensate che ce l’abbiamo con i portieri. Non è così, anche se finora sono gli unici giocatori scelti per questa rubrica. È una coincidenza, nel bene (Ochoa) come nel male (oggi). Anzi: in questo caso, si punta al portiere per parlare della nazionale. Vincendo in lungo e in largo, gli spagnoli nell’ultimo lustro non si sono guadagnati stima e simpatia universale (e ricordiamoci che hanno anche cannibalizzato le coppe europee, quest’anno), diciamo così.
Quattro anni fa, la spedizione sudafricana non era cominciata nel migliore dei modi: sconfitta contro la Svizzera, non proprio il Brasile. Poi, però, una cavalcata con poche altre incertezze, e passo spedito. Passo da furia: furia rossa, guidata da Capitan Casillas. Uno che di norma non alza la voce, in campo: è sufficiente che parli, perché venga ascoltato.
Però questo funzionava con un Casillas al massimo, e con una furia rossa di nome e di fatto. Negli ultimi 180 minuti spagnoli, abbiamo visto una squadra sbiadita, stanca, senza più forze. Del Bosque aveva detto che c’erano ancora tante motivazioni, e il tiki-taka non era finito. Forse è vero, ma a essere finito è l’attuale gruppo. A volte bisogna anche avere il coraggio di cambiare (quello che a Prandelli, per ora, pare non mancare). O di urlare in campo.
Logori gli interpreti, e soprattutto non più in grado di esprimere il proprio gioco. Sky, ieri sera, ha tirato su il parallelismo tra la fine di re Juan Carlos e quella della nazionale spagnola; temo piuttosto che vadano messi in relazione due fatti sul campo: il volgere al termine del lungo ciclo del Barça, e lo stesso riportato su scala nazionale.
Una rossa poco furia, abbiamo detto (un po’ come la Ferrari di questa prima parte di stagione). Faceva quasi tenerezza vedere un Cazorla, entrato da pochissimo, incespicare nel pallone (minuto 83): segno che la rincorsa era peggio che disperata. E forse c’è un esempio ancora più palese di come, a volte, i modelli vincenti debbano segnare il passo: contro l’Olanda, il secondo gol di Robben è venuto dopo una gragnuola di passaggi orizzontali, palla persa, dribbling su Casillas e via alla cinquina.
Ecco, l’epitome di questa squadra è stato proprio il portiere spagnolo: non più forte, non più convinto al momento di parare sulla punizione di Sánchez. Casillas: capitàno nei giorni migliori e nei peggiori, simbolo di questa generazione di calciatori sia nei successi che nell’attuale rimbalzo. Furia rossa prima, e rosso di vergogna adesso.
Puntate precedenti
13 giugno – Stipe Pletikosa
14 giugno – Stefano Bizzotto
15 giugno – Gary Lewin
16 giugno – il sorteggio
17 giugno – Pepe
18 giugno – Guillermo Ochoa