Rugby League World Cup 2013: l’Australia trionfa, la Nuova Zelanda abdica. Pagine del mondiale più bello di sempre
A distanza di tempo dalla finale della Coppa del Mondo 2013 di rugby league, è doveroso un ragionamento, che sia occasione di riflessione su quanto espresso da questa bella manifestazione e possa abbozzare un giudizio generale sui prossimi eventi.
Alla fine ha vinto l’Australia, come accaduto ormai dieci volte. E come doveva essere, perché in qualche modo l’intera platea del rugby a 13 si aspettava che i Kangaroos rimediassero alla beffa del 2008, rispolverassero i panni del “dream team” che unisce il meglio delle squadre dello State of Origin e della NRL tutta.
Il dominio australiano, ad esser franchi, era evidente anche nelle partite che non coinvolgevano direttamente la nazionale green and gold: tantissimi giocatori di numerose squadre sono infatti di nascita e residenza australiana e partecipavano alla manifestazione in virtù di un genitore o un nonno originario dell’Italia, come degli USA, dell’Irlanda e così via.
Nulla di scandaloso, sia chiaro: per uno sport a così bassa diffusione globale, la medicina giusta per evitare partite esageratamente squilibrate già nella fase a gironi, o per concedere a molti ragazzi di rendere omaggio alle origini dei loro genitori. Come nel caso di un pluridecorato campione NRL che ha rappresentato l’Italia rendendo orgoglioso il padre emigrato dalla Campania, o di quel rugbista australiano-irlandese fiero di essersi fatto “spaccare la faccia” sul campo per onorare la discendenza isolana di famiglia, con tanto di foto esibita su Twitter. Certo, alcuni avranno approfittato della kermesse per mettersi in mostra davanti a una platea internazionale, ma la sensazione è che nessuno fra i partecipanti alla Rugby League World Cup si sia risparmiato.
Il risultato è stato un torneo godibile, nelle parti alte come in quelle meno nobili del ranking. Memorabile lo scontro inaugurale a Cardiff tra Australia e Inghilterra, con i Lions davvero vicinissimi al colpaccio, spinti dalla vena offensiva di un Ryan Hall che ci stupiremmo giocasse ancora tanti anni nel Vecchio Continente.
Importanti le vittorie della Scozia di Danny Brough – unico europeo nominato per il premio di giocatore internazionale dell’anno – contro Tonga e Stati Uniti, mentre è dispiaciuto che in qualche modo il Galles, nazione che sta facendo a piccoli passi un grosso lavoro per radicare il codice in un’enclave di rugby union, sia rimasto a mani vuote.
A partire dai prossimi eventi internazionali, le varie nazionali e federazioni avranno tempo e modo di organizzarsi, per offrire al pubblico nuove sfide epiche, come la semifinale Inghilterra-Nuova Zelanda risolta negli ultimi 30”. O magari prendersi delle belle soddisfazioni come i buoni numeri registrati nelle affluenze, anche in Francia, nelle regioni dove questo sport viene considerato parte di una cultura.
La finale l’ha vinta allora l’Australia ed era proprio prevedibile, nonostante l’indubbio talento messo in campo dai Kiwis, forse sfiancati dalla sfida thrilling contro gli inglesi, forse troppo sulle gambe per poter solo pensare di battere i nuovi campioni, i campioni di sempre, i numeri 1 del ranking.
Che hanno dominato la finale, hanno concesso alla sola Inghilterra (nella sfida di Cardiff) di andare a meta, urlando al mondo intero che questo sport, da tanti decenni, si gioca meglio all’emisfero sud. Come dargli torto, quando in campo scendono leggende come Smith, Thurston o Inglis?
Appuntamento alle prossime sfide internazionali (nel 2014 si giocherà il Four Nations), ai prossimi campionati di Super League e National Rugby League, al complesso e spesso difficile lavoro di radicamento di uno sport entusiasmante ma lungi da esprimere tutto il suo potenziale globale.
Noi ci saremo ed è sempre un piacere, oltre che un onore.
http://www.youtube.com/watch?v=5ymwQ3FJIF0