Home » L’autunno del nostro scontento

Sono passate poche settimane dalle lacrime di gioia del terzino Balzaretti e questa volta le iridi inumidite, ma di rabbia, sono quelle del sergente di ferro Antonio Conte, allenatore della Juventus ed uomo abituato a vincere. Il motivo, i quattro gol incassati dalla sua squadra in un quarto d’ora, nel pazzesco pomeriggio fiorentino di domenica.
È solo una sconfitta, d’accordo, e dopo otto giornate e sei vittorie, va da sé che ci possa stare.

Eppure, la sensazione che si percepisce nell’aria autunnale, è che qualcosa stia cambiando e che la pressione vada aumentando anche intorno alla Juventus.
Antonio Conte, combattente abituato a nutrirsi di endorfine da battaglia per poi infondere ai propri militi, per nulla ignoti, quelle motivazioni fameliche che mantengono sempre alta la tensione mentale e rinnovano l’appetito, ha mostrato, seppure per mero riflesso dei muscoli involontari, delle crepe attraverso cui è fluita la delusione. Lacrime appena accennate, ma, per dirla con De Gregori, stampate su una faccia che ricordava il crollo di una diga.
Ora, da Ancelotti a Capello, da Lippi a Mourinho, gli ultimi 15 anni del nostro campionato ci ricordano che a nessun allenatore è mai riuscita la tripletta tricolore. Una statistica bellamente ignorata, quando prima dell’avvio del campionato, tutti gli esperti facevano il coro indicando nella Juventus la principale accreditata al titolo di un campionato apparentemente senza storia, come se non ci fosse un domani a colori, oltre il bianconero. Quel che la fredda statistica non esplicitava, è che anche il ‘mental coaching’ di Conte potesse avere un limite d’estensione oltre il quale, i giocatori prima o poi si stressano e la loro attenzione si sfilaccia. Magari solo per un quarto d’ora, come è successo a Firenze, tuttavia anche quel breve intorpidimento fisiologico, può rivelarsi fatale. Come una febbre da stanchezza, che d’improvviso infiamma l’organismo umano sorprendendolo sul far della sera, al termine di uno sforzo intenso e prolungato nel tempo, così anche i globuli bianconeri sembrano meno reattivi di fronte agli improvvisi rialzi di temperatura del campionato.

E certamente non aiuta la fuga in avanti della Roma. Che sia il gesto di un gregario o la prima luce di una nuova stella, comunque la Juventus si trova nel gruppo a rincorrere e questa è un’esperienza nuova per i veterani della squadra. Intorno, la voglia di affermarsi del Napoli di Benitez, il gioco contemporaneo e rodato della Fiorentina di Montella, l’energia indomabile dell’Inter e le risorse mutabili e assortite del Milan. Dal monopolio alla concorrenza, l’approccio sembra differente. Senza tacere di quei piccoli azionisti del campionato, apparsi decisi, come il Verona o il ritrovato Genoa di Gasperini, che comunque non disdegnerebbero nobilitare la stagione sventolando qualche scalpo illustre.
Anche la questione Vidal, partito dalla panchina dopo il ritardo nel rientrare dalla trasferta sudamericana, ha suscitato qualche polemica: era proprio il caso di andare oltre la sanzione pecuniaria, privando la squadra dell’apporto muscolare e tecnico del cileno, per onorare un codice comportamentale interno? In passato, come per esempio racconta l’ex romanista Pruzzo, che ha giocato con altri sudamericani, come Falcao, da parte dei compagni si chiudeva un occhio, se non tutti e due, su questi ritardi, sorvolando anche sulle scuse patetiche solitamente accampate. Poi però, in campo, si pretendeva il massimo. Ed è lecito immaginare che Vidal non si sarebbe tirato indietro.

Né è senza influenza fisico-emotiva l’impegno di Champions e l’onda lunga della falsa partenza accusata. Conte di certo non può ignorare l’importanza di quest’obiettivo stagionale. Ma mantenere sotto pressione una squadra due giorni a settimana, non favorisce certamente lo smaltimento delle tossine, prefigurando piuttosto il rischio di un bioaccumulo tensioattivo, per la Juventus di Conte.
Come premesso, è forse presto per parlare di stagione a rischio. Eppure, come ogni volta che ci si trova di fronte a delle lacrime, tanto per la Juventus quanto per la ritrovata concorrenza, forse sarebbe giusto non sottovalutare il presagio potenziale di un malessere, anche se per ora solamente autunnale.